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Fare Arte e praticare il disegno, il colore, modellare la materia, è un'esigenza che ho avuto sin da bambina. Già dall'eta di quattro anni mi dedicavo appassionatamente a riempire di segni i foglietti di carta che trovavo vicino alla scrivania di mio padre. Da allora ho continuato a fare Arte. Quindi per parlare delle mie motivazioni, direi che innanzi tutto si tratta di un'esigenza fisica, mentale e spirituale che si presenta da sola senza che io la solleciti. 

Con il tempo ho compreso gli aspetti specifici della pratica artistica che più mi appassionano e sono: il colore, il segno, il movimento, l'invenzione di realtà nuove attraverso le mie creazioni. Ho anche compreso che desidero fare un'arte che evochi bellezza, intesa non nel senso decorativo del termine. Una bellezza che tocchi lo spirito e che produca qualità di pensiero e di vita, positività; e in questo senso credo di poter attribuire una funzione “sociale” alla mia arte. Inoltre fare Arte e occuparmi di creatività mi spinge a desiderare il contatto e lo scambio con gli altri. In particolare nell'insegnamento, rivolto a tutte le classi di età, trovo molti stimoli perché posso mettere in campo i miei pensieri, le mie idee e confrontarmi con interlocutori che a loro volta arricchiscono la discussione dai loro diversi punti di vista. Quello dell'insegnamento è un universo in continua formazione.

In generale mi attrae tutto ciò che può dar luogo a realtà e a eventi estetici nuovi. Talora anche un errore o la particolare risposta di un materiale nel momento della sua lavorazione, o di una tecnica, svelano un mondo insospettato, suscitando emozioni mai prima provate. Quindi mi attrae tutto ciò che muta, che si sviluppa e in questo senso anche le nuove tecnologie e l'uso improprio di certi strumenti analogici o digitali.

Spesso uno strumento meccanico che fino ad allora avevamo considerato destinato solo a un certo uso può invece provocare cose e situazioni completamente nuove. 

Un esempio di questo fenomeno lo ritrovo nelle mie opere fotografiche.  Quando scoprii, molti anni fa, che con la macchina fotografica potevo fotografare la luce in movimento e non solo le immagini definite, come normalmente avviene, ebbene quella fu un'esperienza assai emozionante perché iniziai a creare “pitture di luce”. Così avviene anche nella Grafica d'arte, dove ogni matrice è all'origine di svariate interpretazioni e nella Stampa 3D che permette di creare oggetti talvolta irrealizzabili attraverso la manualità.  E dunque il laboratorio di un'artista è un insieme di occasioni del tutto sperimentali che danno voce a opere mai uguali a se stesse.

La difficoltà, se così vogliamo chiamarla, consiste nel mettere a punto concretamente i modelli che creo nella mente. In genere “sogno” forme che tendono verso la leggerezza, in una sorta di danza, dotate di una loro musicalità. E la musica è un fatto che si muove nello spazio senza limiti di peso e dimensioni. E' libertà. Quando si crea una scultura si ha a che fare con materiali più o meno pesanti che tendono ad adattarsi al suolo per la forza di gravità e allora è difficile ma anche molto attraente trovare dei sistemi per cui l'opera superi il limite fisico dovuto al suo peso e acquisti un ritmo di elevazione. 

Per le opere in plexiglas la trasparenza e la modellazione del materiale, che realizzo sempre a mano nell'arco di pochi minuti, danno un grande contributo a questa idea di opera leggera e costituiscono una sfida con il fattore “tempo” molto interessante. Infatti in pochi minuti, pena il raffreddamento e l'irrigidimento del materiale plastico, devo modellare secondo un'idea da me elaborata per un lungo periodo di tempo precedente all'atto creativo. Con la stampante 3D l'impegno è nella progettazione del disegno della forma che deve comunque svilupparsi nello spazio in maniera slanciata e sinuosa. Il piacere è quello di poter progettare forme insolite, decisamente mentali e vederle materializzarsi tramite il procedimento di stampa.

Penso che ogni opera d'arte, sia essa visiva, musicale, recitativa, nasca da un pensiero, e il pensiero è un fatto spirituale e mentale per sua natura invisibile. Ma anche il pensiero ha una sua dimensione, se pur intangibile,  e quindi penso che sia dotato di una forma e di una  geometria propria. Pitagora più che creare regole da applicare alla realtà, ha “rivelato” i rapporti matematici e geometrici che regolano alcuni aspetti di essa, come, per esempio, accade in musica. Ha lasciato la realtà libera di esprimersi ma ne ha voluto comprendere le relazioni che la organizzano. 

L'artista secondo me, non ha il compito di “misurare” ma di “creare” o “suscitare” avvenimenti che poi si manifestano autonomamente nell'incontro con la realtà.  Dunque penso che fare Arte consista in questo: porsi in armonia con la natura, con la realtà e creare empaticamente con essa. Ritengo che il risultato sia necessariamente “armonico” senza voler necessariamente dare delle regole.